Lo Stato Italiano e la Santa Sede hanno costruito nel tempo un rapporto solido che si concretizza in eccellenti relazioni.
La Questione Romana
La storia delle relazioni tra l’Italia e la Santa Sede è segnata dagli eventi che portarono all’unificazione della penisola durante il periodo risorgimentale. I rapporti con lo Stato Pontificio vissero una fase di tensione dovuta all’impossibilità di riconciliare le esigenze unitarie del Regno d’Italia e le riserve di difesa e indipendenza avanzate dal papato su Roma.
La storica controversia conosciuta come “Questione Romana”, riguardava il ruolo della città di Roma, eletta a capitale del futuro stato italiano e allo stesso tempo sede temporale del potere papale. Fallite le trattative segrete avviate da Cavour per una risoluzione pacifica della Questione, l’Italia fermò il tentativo di Garibaldi di marciare su Roma nel 1864.
In seguito, con la presa di Porta Pia del 1870 e l’anno successivo con la designazione ufficiale di Roma a capitale del Regno, l’Italia annesse i territori sui quali il Papa aveva esercitato il suo potere temporale, mettendo fine alla storia plurisecolare dello Stato pontificio. Ne conseguì una lunga epoca di gelo istituzionale, durante la quale il papa Pio IX e i suoi successori non riconobbero lo stato italiano.
Nel tentativo di recuperare un legame con la Santa Sede, il governo approvò la “legge delle guarentigie” (legge di garanzia) in cui venivano definite le relazioni tra lo Stato italiano e la Chiesa. In particolare, esse descrivevano le prerogative del pontefice, tra cui l’inviolabilità della persona, gli onori sovrani, la libertà di comunicazioni postali e telegrafiche, il diritto di rappresentanza diplomatica, il diritto a disporre di guardie armate a difesa dei palazzi vaticani e, da ultimo, garantivano al papa lo stanziamento di una somma pari a oltre tre milioni di lire per il mantenimento dei palazzi apostolici e del pontefice e del Sacro Collegio.
Le disposizioni di questa legge non furono mai accettate da Pio IX, in quanto considerate frutto di un atto unilaterale del Regno d’Italia e non di un vero negoziato tra le parti in causa. Peraltro, il pontefice esortò i cattolici a non partecipare alla vita politica dello Stato italiano con il suo non expedit del 1874.
I Patti Lateranensi: il Concordato e il Trattato del 1929
Gli accordi di mutuo riconoscimento tra Regno d’Italia e Santa Sede dell’11 Febbraio 1929, meglio noti come Patti Lateranensi, hanno consentito la normalizzazione dei rapporti diplomatici dopo sessant’anni di controversie, sciogliendo definitivamente il nodo della “questione romana”.
Negoziati per parte italiana dal magistrato Domenico Barone e per la Santa Sede da Francesco Pacelli, avvocato e fratello del futuro Papa Pio XII, i Patti furono firmati dopo tre anni di trattative dall’allora primo ministro Benito Mussolini e dal Cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri nel palazzo di San Giovanni in Laterano.
I Patti Lateranensi permisero all’Italia e alla Santa Sede di instaurare relazioni diplomatiche incardinate sul principio della reciproca indipendenza e sovranità, riconoscendo alla Santa Sede “l’assoluta indipendenza per l’adempimento della sua alta missione nel mondo”. I Patti consistevano di due documenti, un Trattato con quattro allegati e un Concordato.
Il Trattato mirava a stabilire l’indipendenza della Santa Sede tramite la costituzione dello Stato di Città del Vaticano quale Stato sovrano sottoposto alla sua esclusiva giurisdizione. La persona del Sommo Pontefice fu dichiarata “sacra e inviolabile” e il Regno d’Italia riconobbe il diritto della Santa Sede ad accreditare ambasciatori e a inviare i propri legati (diritto di legazione passivo ed attivo), prerogativa tra l’altro esercitata de facto anche durante il periodo precedente all’adozione del Trattato.
Con la firma del Trattato Lateranense, l’Italia stabilì per la prima volta una propria rappresentanza diplomatica accreditata presso la Santa Sede e quest’ultima, a sua volta, istituì la propria nunziatura apostolica per l’Italia. L’articolo 12 del Trattato sanciva inoltre lo status del Nunzio Apostolico quale Decano del Corpo Diplomatico, riconoscendo una diffusa consuetudine internazionale successivamente codificata con la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961.
Il Concordato permise di regolare i rapporti tra Stato e confessione Cattolica, assicurando alla Chiesa il “libero esercizio del potere spirituale”. Esso riconobbe il Cattolicesimo come religione di Stato e introdusse l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole.
L’inserimento dei Patti nella Costituzione repubblicana all’art. 7 si configura come passaggio chiave del rapporto tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede. Questa vede riconosciuta la sua indipendenza nell’esercizio del suo mandato morale e spirituale e confermate allo scopo le prerogative sovrane su Città del Vaticano. Da parte sua, l’Italia sottopone la disciplina dei Patti al rispetto dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale.
Il nuovo Concordato del 1984
Dopo una lunga fase di negoziazione cominciata nel 1976 tra la Presidenza del Consiglio e la Santa Sede, si giunse alla revisione del Concordato nel 1984 allo scopo di adeguare i rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica ai princìpi della Costituzione e agli sviluppi promossi dal Concilio Vaticano II.
Lo storico accordo di Villa Madama, firmato dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli, adotta un nuovo testo integralmente sostitutivo del Concordato del 1929, fornendo un quadro di princìpi fondamentali intesi a regolare la reciproca indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa cattolica.
L’Italia riconosce il valore storico della cultura religiosa garantendo l’insegnamento della religione cattolica con la parificazione degli istituti religiosi e introduce, in linea con il principio di libertà di coscienza, l’insegnamento facoltativo della religione cattolica negli istituti pubblici (art. 9).
Il nuovo testo prevede, inoltre, la cancellazione della disposizione riguardante il giuramento dei Vescovi al Capo dello Stato italiano, contenuta nel precedente Concordato all’art. 20.
Le relazioni diplomatiche oggi
I rapporti bilaterali tra Italia e Santa Sede sono storicamente solidi. L’Italia e la Santa Sede beneficiano di una particolare sintonia su molte linee prioritarie a livello internazionale, soprattutto riguardo i temi della protezione delle comunità religiose e del rispetto della libertà di credo, e della promozione del dialogo interreligioso.
In questo clima di intesa rientra l’attiva cooperazione tra Italia e Santa Sede all’interno delle Organizzazioni Internazionali. La Santa Sede partecipa infatti a differenti Organizzazioni, Organismi Intergovernativi e Programmi Internazionali a titolo di membro osservatore, quali l’ONU Organizzazione delle Nazioni Unite, l’UNHCR Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in cui la Santa Sede è membro del Comitato Esecutivo, l’OSCE Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, il Consiglio d’Europa e molti altri. Da parte sua, lo Stato della Città del Vaticano aderisce a diverse organizzazioni internazionali intergovernative, come l’UPU Unione Postale Universale e l’UIT Unione Internazionale delle Telecomunicazioni.
Sul piano strettamente bilaterale, i contatti tra Italia e Santa Sede sono costanti. Tradizionalmente, subito dopo il suo insediamento, il Presidente della Repubblica si reca in visita dal Santo Padre. Inoltre, ogni anno a febbraio, si tiene presso questa Ambasciata l’incontro di alto livello in occasione della celebrazione dell’anniversario della Firma dei Patti Lateranensi e dell’Accordo del 1984 di modificazione del Concordato, in cui intervengono le più importanti cariche dello Stato italiano e della Santa Sede.
In questo contesto di relazioni durevoli, Italia e Santa Sede hanno avviato a marzo 2015 nuove consultazioni bilaterali in materia di politica estera e hanno inaugurato un nuovo corso per le relazioni finanziarie grazie alla Convenzione in materia fiscale, firmata ad aprile 2015 ed entrata in vigore nel 2016.
Quest’ultimo accordo, nello specifico, è diretto assicurare ampia trasparenza informativa tra Italia e Santa Sede, in linea con gli orientamenti e gli standard internazionali in materia. Esso tiene conto della peculiarità geografica dello Stato della Città del Vaticano così come delle previsioni contenute nel Trattato del Laterano, stabilendo un quadro di cooperazione amministrativa anche ai fini fiscali per far adempiere chi opera finanziariamente in Vaticano ai propri obblighi tributari.
Il dialogo con la Santa Sede resta aperto su diverse questioni di natura concordataria. La Santa Sede mantiene relazioni diplomatiche con l’Italia attraverso la Nunziatura Apostolica in Italia: l’attuale Nunzio Apostolico in Italia e San Marino è S.E. Mons. Petar Rajič.
Funzioni di Cerimoniale di quest’Ambasciata
L’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede presenta la particolarità, prevista ai sensi del Trattato del Laterano, di provvedere allo svolgimento di alcune delle funzioni tradizionalmente svolte dal Ministero degli Esteri del paese di accreditamento, in ragione del fatto che le Sedi delle rappresentanze estere presso la Santa Sede residenti si trovano sul suolo italiano.